domenica 6 febbraio 2011

...MA NON CHIAMATECI “PAPA-BOYS”

Dopo Parigi 97, la GMG 2000 a Roma nell’anno del “GRANDE GIUBILEO"

«Chi vivrà, vedrà». Noi abbiamo vissuto e abbiamo visto: abbiamo visto Gabriele F. (soprannominato Er Polacca per il suo interesse verso le ragazze dei paesi dell’Est) svegliarsi presto la mattina e lavorare come non mai sia come interprete (!) che in cucina (!?!). E persino riuscito a dire: «E adesso andrà di mia spontanea volontà a Messa». Incredibile!
Abbiamo visto un Simone Viancino poliglotta (lui che al massimo dell’estero ha visto la Svizzera, italiana!) che nei momenti migliori riusciva anche a sfornare frasi del tipo: «Restaurant of pizza, Pizzeria...» e che adesso vaga da un’agenzia di turismo all’altra a chiedere quanto costano i viaggi (speriamo di sola andata) per la Vojvodina.
Abbiamo vissuto in una scuola materna di Monterotondo, o 30 chilometri da Roma, che rimaneva chiusa dalle 8 del mattino fino alle 8 di sera creando una specie di effetto serra (il caldo entrava, ma non usciva) costringendo noi maschi relegati al secondo piano, con una sola doccia calda (per i primi quattro che la facevano) contro le sei delle donne, a dormire sul balcone.
Abbiamo visto una Roma assaltato do giovani provenienti da ogni parte del mondo («Ho il cuore in mano - diceva Viancino ad un misterioso interlocutore telefonico - ma i serbi sono alloggiati dall’altra parte della cìttà»).
Abbiamo visto seminaristi che sfoggiavano il loro improbabile portoghese ai quattro venti e diventare il cujinjo (cugino) della comitiva.
Abbiamo visto Vescovi "veri” mangiare in un parco di Roma le prelibatezze offerte dalla Sodexho (la famosa compagnia di ristorazione diventata, già a Parigi, nostra “croce e delizia”) e Monsignori “finti” impartire a frati, suore e moltissimi fedeli "Apostolica Benedizione". Abbiamo visto sacerdoti piemontesi (così don Marco si fa chiamare, c’è ancora chi non ci crede) fermarsi, lungo i quindici chilometri sotto il sole che ci portavano verso la spianata di Tor Vergata, per suonare alle porte dei romani chiedendo aiuto e ristoro. Lo abbiamo anche visto addormentarsi in un sacco a pelo e svegliarsi in un altro. Ma questi, si dice, sono scherzi da prete.
E sacerdoti romani intrattenere il pubblico con frasi del tipo «I preti di Fara Sabina sono come l'olio acidità zero...!»
«Chi vivrà, vedrà!» Così ci aveva lasciati Giovanni Paolo II il 24 agosto del 1997 a Longchamp, l'ippodromo di Parigi . Più giovani, più inesperti, in numero inferiore. Sono passati tre anni e sono cambiate tante cose, ma non sono cambiate la nostra atteso e il nostro entusiasmo per l’incontro con il Papa. Un giovane di ottant’cinni che riesce a radunare più di due milioni dì giovani.
Alcuni giorni fa mi ha colpito la frase di un giovane americano presente alla Giornata Mondiale della Gioventù a Denver nel ‘93. Vedendo il Papa pregare di fronte ai suoi giovani disse: «Micheal Jackson non ha mai pianto per me!». E a Roma ha chiamato le nostre urla e i nostri cori "una catechesi” e ha definito il suo discorso nella Veglia di Tor Vergata non un monologo, ma un dialogo.
Non siamo andati a Roma per farci chiamare Papa-boys, per partecipare ad un Papa Pride, per assistere ad una Woodstock cattolica siamo andati a Roma, nella "città che ha versato il sangue per amore” (come recita l'Inno della Giornata) per conoscere il messaggio del “Verbo che si è fatto carne ed è venuto od abitare in mezzo a noi”. Da Piazza San Giovanni per l'accoglienza, passando per ìl Pellegrinaggio Giubilare in San Pietro e alla Messa internazionale e il Sacramento della Penitenza al Circo Massimo, fino alla Veglia e alla Messa a Tor Vergata, possiamo dire di aver passato una settimana molto intensa e straordinaria.
Il momento più duro è stato sabato 19. Ore 10: partenza dalla stazione Tuscolana dei 15 chilometri più lunghi e faticosi della mia vita. Come se non bastassero gli zaini e il sacco a pelo, caricati del famoso “cubo” di 5 chili che doveva garantirci il pranzo e la cena del sabato e la colazione e il pranzo di domenica. Ma una volta arrivati la stanchezza passa: purtroppo eravamo sistemati lontano dal Palco Papale.
Quando siamo arrivati il nostro settore (l’undici verde) era già strocolmo e a noi non è restato che accontentarci di un posto che ci permetteva di seguire tutto dal maxi schermo e che ci ha, però, permesso di uscire in, relativamente, poco tempo dal Campus.
Gli incontri con il Papa sono stati tutti significativi.
Non so il perché, ma ho un bellissimo ricordo dell’incontro in San Giovanni in Laterano per l’accoglienza dei giovani italiani. Ho visto un Papa che mi ha dato la forza per vivere al massimo tutta la settimana.
Da Roma ci portiamo a casa tante cose: nuove amicizie, tanta fatica e bellissimi ricordi che ci indicano la strada da seguire. Al ritorno molti ci hanno chiesto come era andata. La risposta? «Duro, ma lo rifareil» Anch'io rispondo così, in conclusione di questo articolo. Duro!
Ma a Toronto, in Canada, ci voglio essere! Perché non andare sarebbe saltare un appuntamento con la storia!

Paolo Baviera

(da “Boomerang – GMG 2000”, settembre 2000)
* "Boomerang" è stato il giornalino dell'oratorio dell'Addolorata dal 1996 al 2003

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